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Gino Scarpellini

Quella mattina l’amico Roberto Nistri arrivò in negozio proprio mentre stavo raccontando al direttore di una testata di atletica leggera il nostro progetto di recupero del ex-bocciodromo di Fibbiana.
Roberto mi aspettò ascoltando quel racconto: l’atletica a Montelupo, la casa del popolo, la cooperativa, la sede dell’Anpi… poi mi guardò sorridendo e mi disse: “ti porto qualcosa da leggere”. Fu così che dopo qualche giorno ho avuto in mano una bella pubblicazione curata da Franco Quercioli intitolata “La maglia Azzurra di Gino Scarpellini, atleta, operaio e partigiano.”

La lettura di quel libro mi ha portato a proporre prima al nostro Consiglio, poi alle realtà che con noi collaborano per la realizzazione di quel progetto, di intitolare a Gino Scarpellini questa nuova struttura che presto andremo ad utilizzare.

Nell’atletica leggera Gino Scarpellini fu un bravo fondista, vinse la sua prima gara a 17 anni con i colori del Club Sportivo Firenze (dalla quale con le fusioni, volute dal marchese Luigi Ridolfi, della parte calcio con la P.G. Firenze nel ’26 nacque la Fiorentina e nel ’27 della parte atletica leggera con l’ USF Sempre Avanti diede origine alla ASSI Giglio Rosso). La sua attività sportiva fu sempre condivisa con il lavoro, prima come fornaio, poi nelle cantine del marchese Ridolfi. Corse anche da militare, nei bersaglieri, poi Ridolfi lo volle con se nella nuova società ASSI Giglio Rosso con la quale vinse cinque scudetti a squadre consecutivi.
Nel 1929 vestì la maglia Azzurra per partecipare all’International Cross Country Championships di Parigi e fu uno di quei nove azzurri che il folto pubblico della manifestazione coprì di insulti per quel fascio che campeggiava affianco allo stemma sabaudo, quel giorno il risultato sportivo passò in secondo piano. Lo stesso anno a Torino si laureò campione d’Italia juniores nei 5000mt. Negli anni successivi si distinse sempre in ogni gara, centrando un bronzo italiano assoluto nei 5000mt. ed un numero considerevole di piazzamenti, sempre nei primi dieci, che consentì alla sua squadra di vincere tanto. Fu un osservato speciale dei selezionatori per le Olimpiadi del 1932 ed era entrato nel novero dei papabili olimpionici del 1936 quando nel 1935, dopo aver vinto i campionati toscani di campestre, decise di smettere di correre per dedicarsi alla famiglia e sposarsi con la sua Fedora.
Rimase nello sport come massaggiatore lavorando per un periodo al Velodromo delle Cascine dove prestò la sua opera per importanti ciclisti tra cui il grande Gino Bartali col quale rimase amico anche dopo quell’esperienza.

Nel 1938 entra a lavorare nella Fonderia delle Cure: qui si forgiavano lampioni, tombini e condutture varie con la ghisa. Un lavoro pesante e pericoloso, dove spesso in inverno si passava dalle altissime temperature della fornace ai freddi saloni delle rifiniture esponendo chi ci lavorava a malattie polmonari ed ossee, per prevenire questi malanni era indispensabile vestire una maglia di lana sulla pelle capace di assorbire il sudore ed evitare repentini raffreddamenti del corpo.
Gino ne aveva una speciale, di lana fine, soffice, da signori: era la sua maglia Azzurra indossata a Parigi.
Era perfetta anche per quel servizio e la alternava con la maglia da gara della ASSI, anch’essa di buona lana. Questo vestiario “da competizione” creava spesso ilarità e battute tra i colleghi di lavoro.

Con la guerra le cose cambiarono molto ma la determinazione di Gino fu tale che dopo l’ 8 settembre si organizzò insieme ad altri compagni nella zona di Monticelli a Firenze dando origine ad un Gruppo di Azione Patriottica. Combattè contro i nazi-fascisti e in seguito agli sfollamenti, trovandosi nella condizione di avere a disposizione 25 quintali di farina ed un forno tornò a fare il pane per la popolazione (quello stesso forno sarà ricordato ben oltre il dopoguerra come “la bottega dei partigiani”). Prese parte alla Liberazione di Firenze negli scontri del Ponte alla Vittoria e con l’arrivo degli alleati fu premiato con il diploma di patriota firmato dal generale alleato Alexander e dal comandante partigiano Luigi Bonistalli, in seguito ricevette anche la medaglia garibaldina.

Alla fine del ’44 fu tra i primi a rimettersi all’opera per ricostruire e recuperare la fonderia dove lavorava e tanto era l’attaccamento a quella fabbrica che dopo il fallimento del 1955
fu tra quei sessanta operai fondatori della Cooperativa Lavoratori Fonderia Officina delle Cure.
Un atto che salvò, con l’aiuto dell’allora sindaco di Firenze La Pira, la produzione ed il lavoro agli operai. Gino seguì tutte le altalenanti vicende della fabbrica fino al 1967 quando si ritirò in pensione.

Questa storia magnifica di atletica, di sentimento patriottico e di volontà di cooperazione di Gino Scarpellini è molto rappresentativa della collaborazione nata tra Acsi Atletica Sport Toscana, Casa del Popolo di Fibbiana e Cooperativa Sociale Pegaso che hanno dato origine ad un progetto che arricchirà la comunità di nuove possibilità di ritrovo e socializzazione sportiva.

A concludere queste righe che racchiudono parte delle motivazioni che spingono a proporre l’intitolazione di un luogo ad una persona, il mio pensiero finale va a Roberto Nistri al quale sono grato di avermi fatto conoscere la storia di Gino Scarpellini e che ci ha lasciati qualche giorno fa togliendomi la felicità di poterlo invitare all’inaugurazione della struttura.

Jacopo Parigi

 
per saperne di più: Franco Quercioli – La maglia Azzurra di Gino Scarpellini, Atleta, Operaio e Partigiano – CD&V Editore Firenze